Circolari

Riforme in materia di lavoro e di processo del lavoro.

Circolare n° 071/2010 » 09.03.2010

Mercoledì 3 marzo è stato approvato  il disegno di legge n. 1167 B (in allegato), recante “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro”.

Il provvedimento prevede:

Deleghe al Governo per il riordino della disciplina in materia di:

1. lavori usuranti;
2. riorganizzazione di enti vigilati dal Ministero del Lavoro e della Salute;
3. disciplina dei permessi, congedi e aspettative;
4. ammortizzatori sociali;
5. servizi per l'impiego;
6. incentivi all'occupazione;
7. apprendistato;
8. occupazione femminile.

Prevede altresì:
1. la riforma di alcuni aspetti del processo del lavoro, con riferimento alla conciliazione ed arbitrato;
2. la revisione delle sanzioni in materia di orario di lavoro;
3. la revisione di alcuni aspetti della disciplina dei permessi di tre giorni a favore dei lavoratori con familiari disabili;
4. nuove misure contro il lavoro sommerso;
5. nuove disposizioni in materia di certificati di malattia;
6. disposizioni in materia di clausole generali e di certificazione dei contratti di lavoro;
7. nuove disposizioni in materia di decadenze e di contratto a tempo determinato;
8. nuove disposizioni in materia di accesso ispettivo e potere di diffida;
9. alcune modifiche al d. lgs. n. 276/2003 (“legge Biagi”), con particolare riferimento alla disciplina dell’attività di intermediazione domanda/offerta di lavoro, nonché alle forme di tutela contro la disoccupazione dei lavoratori somministrati;
10. alcune modifiche alla disciplina dell’apprendistato.

Di seguito le principali previsioni contenute nella nuova legge:
1. sono aumentate nell’importo le sanzioni irrogate al datore di lavoro in caso di lavoro sommerso.
2. si interviene sul regime sanzionatorio in materia di orario di lavoro: le modifiche riguardano non solo l’ammontare delle sanzioni edittali ma anche i criteri per la determinazione della sanzione da irrogare in caso di violazioni plurime della stessa norma.
3. si razionalizza la disciplina dei permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità.
4. è previsto l’inoltro telematico dei certificati di malattia.
5. l’interpretazione del giudice in ordine alle clausole generali contenute nelle disposizioni di legge in materia di diritto del lavoro deve limitarsi “all’accertamento del presupposto di legittimità” essendo, invece, escluso qualsiasi controllo di merito sulle scelte economico-organizzative adottate dal datore di lavoro.
6. Si aumentano gli ambiti di competenza della certificazione dei rapporti dei lavoro, disciplinata dal titolo ottavo del D. Lgs. n. 276/2003.

7. In merito a conciliazione e arbitrato:

• il tentativo di conciliazione, che era obbligatorio per chi intendeva adire il giudice del lavoro, diviene adesso facoltativo

• il tentativo di conciliazione facoltativo va esperito seguendo una specifica procedura.

• la contrattazione collettiva potrà disciplinare autonome procedure di conciliazione e arbitrato.

• è istituito e regolamentato un nuovo collegio di conciliazione e arbitrato irrituale composto da un arbitro rappresentante ciascuna parte più un terzo, scelto concordemente, con funzioni di presidente

• previa definizione di specifici accordi interconfederali o nei contratti collettivi si potrà prevedere che le parti individuali del rapporto di lavoro pattuiscano clausole compromissorie che richiamano le modalità di espletamento dell’arbitrato. La clausola compromissoria, a pena di nullità, deve essere certificata secondo le procedure già in essere. In mancanza di accordi, e decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore di questa legge, il Ministero del Lavoro potrà definire con proprio decreto, sentite le parti sociali, le modalità di attuazione per l’operatività delle disposizioni in materia di clausole compromissorie.

8. La nuova legge conferma che il licenziamento deve essere impugnato, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione, ovvero dalla comunicazione dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale. La legge, innovando, prevede che l'impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato. Una soluzione che imponendo il celere avvio del giudizio, limita definitivamente gli effetti negativi che alle imprese derivano, in termini di risarcimento del danno, dall'eccessivo protrarsi del giudizio anche a seguito di comportamenti strumentali messi in atto dal ricorrente.

Queste disposizioni si applicano anche:
• a tutti i casi di invalidità e di inefficacia del licenziamento;
• ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto;
• al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto;
• al trasferimento ai sensi dell'articolo 2103 del codice civile, con termine decorrente dalla data di ricezione della comunicazione di trasferimento;
• all'azione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro;
• ai contratti a termine in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della legge con decorrenza dalla scadenza del termine;
• ai contratti di lavoro a termine stipulati anche in applicazione di leggi previgenti al d. lgs. n. 368/2001 e già conclusi alla data di entrata in vigore di questa legge.
• alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile con termine decorrente dalla data di trasferimento;
• in ogni altro caso in cui, compresa l’ipotesi di somministrazione irregolare, si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto.

9. Nei casi di conversione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato, il risarcimento riferito al periodo pregresso sarà limitato ad una indennità onnicomprensiva che va da un minimo di 2,5 ad un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto;
10. I soggetti già autorizzati all’attività di somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione del personale, decorsi due anni, possono richiedere l’autorizzazione a tempo indeterminato;
11. Sono autorizzati allo svolgimento dell’attività di intermediazione: le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro che possono svolgere l'attività anche per il tramite delle associazioni territoriali e delle società di servizi controllate; le associazioni in possesso di riconoscimento istituzionale di rilevanza nazionale o regionale e aventi come oggetto la tutela, l'assistenza e la promozione delle attività imprenditoriali, del lavoro, della formazione o delle disabilità; gli enti bilaterali se in possesso di specifici requisiti;
12. E’ introdotta la possibilità di assolvere in parte l’obbligo di istruzione nei percorsi di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, previa intesa tra le Regioni, il Ministero del Lavoro, il Ministero dell’Istruzione, sentite le parti sociali.
13. Sempre in tema di apprendistato è introdotta la possibilità che, ad ogni livello della contrattazione collettiva, possa essere prevista la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale, graduata anche in relazione all’anzianità di servizio.
14. Il differimento di termini per l’esercizio di deleghe in materia di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, incentivi all’occupazione e apprendistato e di occupazione femminile passa da 24 a 36 mesi.

Quanto alle opinioni critiche mosse in ordine ad un preteso “aggiramento” dell’art. 18 dello “Statuto dei lavoratori” e delle altre norme di tutela dei lavoratori, riteniamo opportuno osservare che, stante la ben nota eccessiva lunghezza dei processi civili compresi quelli del lavoro (la durata media di un processo del lavoro in primo grado è pari a oltre 900 giorni con “punte di eccellenza” di non meno di 350 giorni), fonte di grave iniquità per i lavoratori e per le imprese, questa riforma intende incentivare il ricorso a forme extragiudiziali (conciliazione ed arbitrato) che, per loro natura, dovrebbero assicurare celerità di giudizio.

In linea generale si può affermare che la riforma dell’arbitrato fa salvo il principio fondamentale della facoltatività del ricorso a tale strumento.

Una novità è che le parti possono chiedere che la decisione sia fondata sull’equità, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento.

Una ulteriore novità è poi costituita dal fatto che - e su questo aspetto si incentra la polemica sull”aggiramento” dell’art. 18 - la legge consente anche che le parti del rapporto di lavoro scelgano di affidarsi agli arbitri in via generale (con una “clausola compromissoria”) prima ancora che sorgano eventuali controversie.

I critici della riforma sostengono, dunque, che si potrebbe finire per “imporre” al lavoratore, magari già al momento dell’assunzione, la “clausola compromissoria” (ossia l’opzione per il giudizio arbitrale al posto del ricorso al giudice del lavoro) ed anche la scelta di decidere le controversie secondo equità.

Senonchè la nuova legge condiziona la possibilità che le parti scelgano di inserire la “clausola compromissoria” nel contratto di lavoro alla previa sottoscrizione di un accordo interconfederale o di contratti collettivi che disciplinino come e quando ciò possa avvenire. Viene pertanto appositamente valorizzato il ruolo che le parti sociali, in piena autonomia, devono svolgere nell’opera di attuazione della disciplina dell’arbitrato.
Solo nel caso che non si raggiungesse alcun accordo, entro un anno dall’approvazione della legge, il Ministero del Lavoro potrebbe intervenire in materia, con un decreto, dettando norme attuative.
Il possibile intervento di un decreto dovrebbe perciò essere inteso come un utile incentivo rivolto alle parti sociali per raggiungere tempestivamente un’intesa equilibrata nell’interesse di imprese e lavoratori.

E’ appena il caso di ricordare, poi, che i collegi di conciliazione e gli arbitri sono sempre scelti dalle parti tra soggetti qualificati (avvocati, magistrati, professori in materie giuridiche) o sono comunque funzionari del Ministero del Lavoro e, pertanto, personale di comprovata esperienza specifica e riconosciuta correttezza. Inoltre la procedura arbitrale è rigorosamente ispirata al fondamentale principio del contraddittorio, il che vuol dire piena garanzia per le parti di esporre e chiarire le rispettive ragioni.

Occorre sottolineare anche che il giudizio secondo equità non è sinonimo di arbitrio. Il decidente individua la soluzione del caso concreto mitigando la rigida applicazione della norma di diritto e cioè anteponendo un punto di vista sostanziale ad uno meramente formalistico, ma ciò sempre nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico.

Inoltre, la scelta del giudizio secondo equità è e resta una libera scelta affidata alle parti che, viceversa, ben potrebbero chiedere che la decisione sia resa applicando comunque le norme di legge e di contratto.

Infine anche il giudizio dell’arbitro, seppur per motivi limitati, può essere impugnato di fronte alla magistratura ordinaria.

Con i migliori saluti.

Il Presidente
Giulio Quercioli Dessena      


 


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